Domenico Buzzetti. video + visual arts
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Roberta Ridolfi
ImmaginARIA ...Transiti ed approdi nella geografia dei sensi

Bellezza, terrore, amore, morte, luce, buio: sembrano essere le parole chiave che compongono il racconto per immagini coniato da Domenico Buzzetti. Sono gli eccessi che consumano, attimo per attimo, la materia fisiologia e l’intraprendenza intellettiva propria del senso della vita. L’artista ha strutturato immagini dall’estetica raffinata ma poi, le ha anche depauperate di una certa vitalità che, sovente, combatte per restare a galla nello sforzo disumano di piacere, proprio dell’espressione video. Oggi, l’immagine in movimento risulta essere il linguaggio più usato dagli artisti contemporanei, un modo per creare immediato, un modo per creare immagini di vite parallele: rap_presentare se stessi modificati, annullare le paure, elaborare una nuova vita, proiettarsi fuori di sé, alzare barriere, abbatterle. Tutto è possibile con il video. Giocare su una immagine rendendola fissa, attraverso una inquadratura ferma, apatica, depressa, oppure eleggere il kaos a protagonista di una storia…reiterare immagini per cento, mille volte, campionare suoni alienanti, frasi a ripetizione di stampo psicotico…Girando per fiere internazionali, biennali, gallerie né abbiamo visti di questi video! Ma ogni volta, però, sono capaci di attrarci, di richiamare lo sguardo inquieto di chi ha fame di immagini. Ma la vera ragione che ci rende “affini” al video è la fame di storie che abbiamo, una sorta di voyeurismo atavico e romantico che ci rende dipendenti dalle immagini narranti. Domenico Buzzetti parla spesso di se, in senso anatomico, oltre che emotivo, proietta le paure che sente radicate nell’invisibile e silente inquietudine che lo accompagna, su altre paure che, però rientrano in un’ottica più universale e condivisa. L’immagine femminile è incarnazione di bellezza, metafora di beltà, ma allo stesso tempo è anche espressione di manifestazioni sinistre, di allusioni all’imponderabile che comunque, prima o poi sbarrerà il nostro cammino di esseri umani. L’elemento femminile si fa corpo riflettente e assorbente per la luce che tocca: una luce sempre ambigua, che non da certezze, ne giorno ne notte, ne naturale ne artificiale. E poi, l’utilizzo del metallo…materia fredda, forma rigida, peso specifico rilevante, materiale usato ancora una volta come chiave metaforica dell’assenza di vita. Ma il lavoro di Buzzetti, è andato oltre il dato della storia personale, egli infatti ha raccolto immagini del paesaggio, del borgo, della natura dell’antico centro di Pietrarubbia incrociando destini, storie appartenute ad altri, in altri tempi, sollecitando un gioco di destini immaginati, di paure appena dimenticate, risvegliando in qualche modo l’antica anima del sentire e del tramandare, che prima o poi si manifesta in tutti luoghi. L’artista ha lavorato per allestire una sorta di scena artefatta, dove tutto sembra avere in sé qualcosa di illogico, di non naturale, come se si stesse vivendo un incubo, un sogno agitato, una di quelle immagini che produce il nostro subconscio ma che, poi, ci sembrano superare la realtà. Io credo Domenico Buzzetti, usando il video, utilizzi una specie di protesi della sua fisicità…o forse della sua sensorialità, superando tutti i limiti possibile di una creatività intensa e scomoda, acuta e coinvolgente. Lo ha saputo fare anche usando altre tecniche, come ad esempio nelle tavole anatomiche, o anche nelle belle immagini fotografiche che ha saputo produrre. Non si dimentichi poi l'organicità del lavoro di Buzzetti: l'immagine è legata indissolubilmente alla musica (in questo caso un greve violoncello), un modo assolutamente completo di dare misura dello spazio, anche quando questo è sospeso in limbo onirico, o in un incubo inquietante. E' utile insistere sul senso d'inquietudine, in quanto è questo stato d'animo l'unico elemento forte che possa dare la misura dell'incubo: non per trasmettere banalmente la paura, ma semmai, per segnalare il duro limite del corpo. Un corpo contenitore, produttore di umori, un corpo che risente del confine della sua stessa pelle, una forma anatomica che, in qualche modo, rimane schiacciata dalla consapevolezza della propria vulnerabilità. La ragazza protagonista della video installazione simboleggia tutto questo: essendo lei incarnazione suprema della vita, estensione futura di essa. Un'opera che spinge non solo alla riflessione ma anche al raccoglimento, un lavoro che annulla magicamente il delirio caotico del video di maniera, abusato in questi anni, elaborando una poetica differente, sbilanciata sulla sensibilità e sulla sfera emotiva, si, ma senza prescindere dalla considerazione del corpo. Infine, tutto si conclude in quel senso di raccoglimento che caratterizza questa cifra espressiva. La piccola chiesetta del borgo di Pietrarubbia diviene lo spazio ideale per questa video installazione, Domenico Buzzetti, ha deciso di sparare quelle immagini, la, sul pavimento, nella penombra che allude ad un tempo sospeso tra vita e morte. Sempre in quella piccola chiesa ha trovato dimora una scultura di Arnaldo Pomodoro: il confronto, avviene la, non sul piano dell'estetica ma su quello, assai più complesso delle affinità, dell'emozione, dell'intimismo, che solo l'arte può svelare.


testo critico di “ImmaginARIA ...Transiti ed approdi nella geografia dei sensi”, personale di Domenico Buzzetti
 



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